L'impronta dei Gesuiti
di Paolo Sachet
Riforma, Controriforma. I due dibattuti termini storiografici denotano la rottura multipla dell’unità confessionale dell’Europa medievale così come le profonde ricadute sull’assetto politico e sociale, con un crescente irrigidimento dottrinale e il proliferare di alleanze militari basate su una fede in comune. Tuttavia, è bene ricordare anche la portata culturale di entrambi i fenomeni nel ridirezionare, nei diversi contesti nazionali e regionali, la produzione letteraria e scientifica europea, un cambio di mentalità sovente accelerato dalla presenza di meccanismi repressivi, specie in ambito cattolico e calvinista. La parabola del greco in Italia può offrire interessanti spunti di riflessione per quanto attiene il ruolo giocato dalle gerarchie romane nella fase di passaggio tra Rinascimento e cultura barocca.
Si è già accennato nel saggio precedente al declinare degli studi umanistici italiani nella seconda parte del Cinquecento e non v’è dubbio che, già dopo il 1517, si annidi nei piani alti della Curia un sospetto sempre più marcato verso gli accenti frivoli e paganeggianti della stagione rinascimentale e persino verso la stessa lingua greca. Lo si registra nelle misure draconiane degli Indici dei libri proibiti, uno dei quali arriva a vietare tutte le opere di religione scritte di recente in greco per evitare contaminazioni dal versante ortodosso, ma anche nella constatazione, sconsolata, di un clerico grecista, Pietro Galesini, che lamenta al suo mecenate, Carlo Borromeo, come ormai il greco sia monopolio dei riformati, specialmente in campo patristico (Milano, Veneranda Biblioteca Ambrosiana, F 36 inf., f. 245r). [...]
The Jesuits’ legacy
Reformation, Counter-Reformation. These two debated historiographical terms denote the multiple rifts in the confessional unity of medieval Europe as well as their profound repercussions on the political and social order, along with growing dogmatisation and the proliferation of military alliances based on the shared faith. However, it is also worth remembering the cultural significance both phenomena had in redirecting, in the different national and regional contexts, European literary and scientific production – a change of mindset often accelerated by the use of suppressive means, especially in the Catholic and Calvinist environments. The trajectory of Greek learning in Italy can offer interesting insights into the role played by the Roman hierarchies in the transition from the Renaissance to the Baroque.
The decline of Italian humanist studies in the second half of the 16th century has already been addressed in the previous essay, and there is no doubt that, shortly after 1517, the upper echelons of the Curia grew suspicious of the frivolous and paganising attitudes of Renaissance culture and even of the Greek language itself. This is evident in the drastic measures seen in the Indices of Forbidden Books, one
of which went so far as to ban all religious works recently written in Greek to avoid any contamination with the Orthodox belief. Equally significant is the disheartened observation of a clergyman and Hellenist, Pietro Galesini, who complained to his patron, Carlo Borromeo, that Greek had become the domain of Reformed scholars, especially in the patristic field (Milan, Veneranda Biblioteca Ambrosiana,
F 36 inf., f. 245r).